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Forum Irredentismo e Nazionalismo italiano

Il genocidio asburgico. 1866-1918, Come il governo di Vienna progettò e portò a compimento una pulizia etnica contro gli Italiani

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usop
view post Posted on 8/2/2011, 13:36     +1   -1




perche austro -marxista scusa? :huh: i nostalgici di cecco beppe sono tutto tranne che simpatizzanti del marxismo...... :asd:
 
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robydeumago
view post Posted on 8/2/2011, 19:34     +1   -1




e invece sono esistiti ed esistono tuttora ed io ne conosco un pochi, anche fra i miei parenti acquisiti purtroppo , sono sinistroidi e comunisti vari che ineggiano all'austria cercando di parlarne come di un paradiso dove tutti erano felici e ricchissimi dove c'era la fratellanza fra i popoli ma noi sappiamo bene che non era proprio così e lo sanno soprattutto i patrioti Italiani dell'epoca..

oddio se proprio vogliamo parlarne bene lo so anch'io che era 1000 volte meglio l'occupazione austriaca che quella iugoslava e l'abbiamo provato sulla nostra pelle..ma cerchiamo di dire tutta la verità

io riesco anche a capire la loro posizione di rinnegati anti italiani ! il loro ragionamento principale è QUALSIASI COSA PURCHE' NON SIA ITALIA ma ovviamente non posso condividere

anche fra i carsolini ho notato questo fenomeno , nostalgia sincera d'austria o malcelato odio anti italiano? chi può dire? certo la maggioranza di loro adesso è apertamente pro slovenia

qualcuno di voi come me avrà sicuramente letto di questo fenomeno ma io li conosco davvero!!

PS a UMAGO sotto l'impero gli austriacanti venivano chiamati BUCALONI
 
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view post Posted on 8/2/2011, 19:54     +1   -1

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mah guarda non è che la loro realtà è completamente sbagliata.
fino al 1848, mediamente l'etnia italiana era tenuta in gran considerazione da Vienna, tolta l'austriaca e l'ungherese che erano le costituenti dell'impero, gli italiani erano molto apprezzati quasi al livello dei cechi.

poi dopo, la nascita dello stato italiana ho fatto un attimo inasprire le cose, visto che vienna, vedeva giustamente un focolaio di rivoltosi, e la paura di perdere delle regioni già economicamente sviluppate.

poi con l'obbligo di cederci il veneto nel 1866 in una guerra in cui la nostra condotta fu praticamente pessima, non fece altro che acuire le cose.

ormai il lombardo veneto la parte più sviluppata dei territori italiani in mano agli austriaci era perso.

restava il trentino che però stando a piè delle alpi non aveva eccessive rilevanze economiche o strategiche (in trentino ci furono vessazioni molto minori sipetto alla giulia, istria e dalmazia)

e poi restava il grosso problema di trieste...praticamente perdere trieste voleva dire perdere il più grande porto dell'adriatico e dell'impero.
come lo era perdere pola e fiume.

poi i porti dalmati non erano eccessivamente importanti da un punto di vista economico (l'unico ben attrezzato era spalato)
ma lo erano dal punto di vista tattico, perchè voleva dire dare delle teste di ponte a qualsiasi invasione.

quindi facendo 2+2 va da se che se c'èra un urgenza di ripulire certe zone da un etnia diventata scomoda, lo si faceva nelle zone maggiormente ricche.

visto che gli slavi delle zone erano caproni, anche questo va da se che a trieste-pola-fiume-zara-trau-spalato-tenin, o erano città a maggioranza italiana, o città dove il 20% della popolazione era italiana e gestiva 80% dell'economia.



per il discorso che fai sui carsolini... diciamo che se parliamo della zona di postumina, li la cultura italiana non ci era arrivata manco con il binocolo (erano si e no il 2% della popolazione), quindi per loro esser arrivati in italia lo è stato come per gli abitanti dell'altoadige a finire in italia.

discordo diverso ovviamente per la costa.
 
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Marcus Tullius Cicero
view post Posted on 8/2/2011, 22:08     +1   -1




ALCUNI ESEMPI DELLO SNATURAMENTO DELL’ONOMASTICA
La slavizzazione o germanizzazione dei nomi e cognomi italiani avvenne in diversi modi. Talora si compilavano gli atti di nascita in latino, trasformando cognomi come Fabbri, Favri, Lauri, Micheli, nelle forme Fabbris, Favris, Lauris, Michelis, ecc. che successivamente divenivano senz’altro Fabbric, Favric, Lauric, Michelic, ecc.. In altri casi si ricorreva direttamente al passaggio alla forma slava. Ad esempio, i cognomi terminanti in –ich (come De Vudinich), che sono di pretta origine italiana (dal latino –icus) venivano trasformati in slavi con la scomparsa della “h” finale, rendendoli così del tutto identici ai patronimici slavi.
Un esempio di questo è il cognome Blasevich. Esso così scritto rispecchia l’originale grafia veneta ed istriana e deriva dal nome Biagio, a suo volta derivante dal latino blaesus. Cognomi scritti e pronunciati come “Blasevich”, italianissimi sia per origine, sia per il gruppo familiare afferente, così adoperati da secoli, vennero arbitrariamente trasformati in Blasewitz secondo la forma tedesca, od in Blazevic secondo quella slava.
Un altro caso, clamoroso, è quello di Antonelli trasformato in Antonaz. Il cognome Antonelli deriva quindi dal nome o dal soprannome del capofamiglia, messo al plurale, ed è in origine un patronomico. Il suo significato “funzionale” al momento della sua codificazione nel secolo XVI esprime il valore di “figli di Antonello”, “parenti di Antonello”, appunto Antonelli.
Il nome Antonello a sua volta è una variante del nome Antonio, precisamente un diminutivo: si tratta quindi di una modifica ipocoristica. Il nome Antonio (Antonius) è un antico nome latino, probabilmente derivato dal prenome Anto, di origine etrusca.
Sono moltissimi i cognomi costituiti da varianti derivate direttamente da Antonio: Antolini, Antonazzi, Antonazzo, Antonelli, Antoniazzi, Antonini, Antoniol, Antonioli, Antoniolli, Antonioni, Antoniutti, Dall'Antonia, Dantone, Dantoni ecc. Esistono anche varianti derivate dai diminutivi Togno, Tone, Toni, Tonio, Tono: Datone, Detone, Togn, Tognali, Tognalli, Tognana, Togni, Tognini, Tognoli, Tognolli, Tognon, Tognoni, Tognotti, Tonaz, Tonazza, Tonazzi, Tonazzoli, Tonazzolli, Tonella, Tonellato, Tonelli, Tonet, Tonetta, Tonetti, Tonetto, Toni, Toniat, Toniatti, Toniazzo, Tonidandel (‘Antonio da Andalo’), Tonin, Tonina, Toninato, Toninelli, Toniolatti, Tonioli, Toniolli, Toniotti, Tonoli, Tonolini, Tonolli, Tonon, Tononi.
Molti di questi cognomi sono presenti soltanto in alcune regioni o località (anche se poi possono essersi diffusi in seguito all’emigrazione). Il cognome Antonelli è invece pan-italiano e presente davvero su tutto il territorio nazionale. La sua notevole diffusione si spiega con la popolarità del culto di due santi, sant’Antonio del deserto (detto anche sant’Antonio abate) e sant’Antonio da Padova, che hanno condotto ad un largo impiego del nome “Antonio” e quindi del suo diminutivo “Antonello”.
Ci si trova quindi dinanzi ad un cognome pan-italiano, diffuso su tutto il territorio italiano, che deriva dal nome anch’esso italiano Antonio, i quale a sua volta discende dal latino Antonius, che a sua volta ha come radice un vocabolo etrusco, quindi di una popolazione dell’Italia antica, che ha lasciato profonde eredità a Roma stessa ed all’Italia moderna stessa. [1]
Con Antonelli ci si trova dinanzi ad un cognome pertanto italianissimo. Ebbene, nel secolo XIX numerose famiglie italiane dell’Istria ebbero il cognome cambiato da Antonelli ad Antonaz: fra questi persino una famiglia di irredentisti, uno dei cui membri era un importante rappresentante giornalistico degli ideali liberal-nazionali.

La slavizzazione o germanizzazione forzate dei cognomi italiani aveva diverse finalità. Essa era anzitutto diretta a cercare di privare gli Italiani della coscienza della loro identità. Inoltre, ciò permetteva di meglio falsificare i censimenti, diminuendo le percentuali di popolazione italiana in essi registrate, con tutte le conseguenze sul piano amministrativo. Ancora, questo diveniva uno strumento ideologico e propagandistico sfruttato dagli slavi, che asserivano, in totale contrasto con la verità storica, che non esistevano Italiani in Dalmazia e Venezia Giulia, ma soltanto slavi italianizzati, che andavano quindi slavizzati. Le teorie razziste del nazionalismo slavo, secondo cui i popoli sarebbero biologicamente distinti (tipica idea razzista ottocentesca, da cui scaturì il nazismo, del tutto priva di fondamento scientifico), trovavano in questo modo delle forme di rivendicazione: prima si cambiavano a forza i cognomi, poi si sosteneva che li portava, anche se di cultura italiana, era soltanto uno slavo per eredità biologica, infine s’affermava la legittimità di slavizzarlo.


[1] Storici dell'Italia antica hanno elaborato la tesi cosiddetta del "pan-italianesimo", secondo cui i vari popoli pre-romani (Etruschi, Liguri, Italici, Celti, Veneti, Latini, persino in parte i Greci, i quali comunque avrebbero irradiato la propria cultura in larga parte della regione italiana, ben al di là dei confini del proprio popolamento) avrebbero raggiunto un considerevole grado di unità culturale ben prima dell'unificazione romana. Tale teoria ha avuto il suo pioniere anzitutto in Michel Lejeune, sia storico in senso stretto, sia glottologo (in assoluto uno dei maggiori mai esistiti), il quale ha affermato la comunanza culturale e linguistica fra i diversi popoli d’Italia prima dell’unificazione romanza, conseguente alla mescolanza etnica fra indo-europei e mediterranei ed alla diffusione culturale. La tesi di questo studioso francese ha poi incontrato grande fortuna nell'ambito dell'antichistica [ Una breve presentazione della sua figura si trova in A. PROSDOCIMI Michel Lejeune. L’Italie antique et autre chose encore, in Hommage rendu a Michel Lejeune, Academie des Inscriptions et Belles Lettres (Parigi, 19 gennaio 2001), Parigi 2001, pp.33-41.]


http://patriottismo.forumcommunity.net/?t=42882887.

Edited by Marcus Tullius Cicero - 27/7/2012, 15:58
 
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robydeumago
view post Posted on 9/2/2011, 00:49     +1   -1




sono d'accordo con Fulvio

io non contesto gli sloveni che prima erano austriacanti e poi con la nascita di una propria coscienza nazionale non possono essere diventati filoitaliani ovviamente..

io critico i rinnegati nostrani infatti esattamente parlavo degli austromarxisti di nazionalità italiana e gli confrontavo con quelli sloveni che riesco a capire visto che sono di un'altra etnia, non si discute che la zona di postumia sia stata sempre compattamente slava

per evitare equivoci io parlavo dei nostri carsolini che conosco abbastanza bene
non posso parlare per quelli oltre confine..ne conosco pochissimi
spesso devo dire che i miei conoscenti della minoranza mi dicevano che non erano ben visti dai connazionali oltre confine ma non so se il discorso è ancora attuale forse le cose saranno cambiate...o forse erano lamentele estemporanee credergli o no? comunque saranno trattati meglio di noi a mio modo di vedere
 
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view post Posted on 9/2/2011, 16:04     +1   -1

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guarda se ti riferisci alle minoranze slave in italia è vero.
molti di loro, sopratutto i criati d'istria della zona di pisino, vennero accusati di esser collaborazionisti italiani, solo perchè non la pensavano come gli slavi dall'altra parte del confine.
e anche loro subirono grosse ritorsioni da parte dei titini.
realmente l'unica zona "problematica" era appunto quella di postumina, che contatti con il mondo italiano non ne aveva mai avuti.

in istria vi erano i croati che bene o male si erano abbastanza integrati.
gli sloveni dell'alto isonzo vivevano tranquillamente in un rapporto simbiontico di scambi commerciali con gli italiani di gorizia e del basso isonzo.

l'unica terra davvero senza contatti era la valle di postumina.

e in almeno questo gli austriaci mostrano una certa lungimiranza politica, mettendo quella zona non nel litorale adriatico (regione dove cercavano di accorpare gli italiani) ma nella regione carniola, dove c'erano gli sloveni.
 
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robydeumago
view post Posted on 9/2/2011, 18:23     +1   -1




ma perchè continui a dire postumina ? parli di POSTUMIA no?

ma lasciamo perdere gli slavi cosa pensi dei rinnegati nostrani anti italiani?
 
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view post Posted on 9/2/2011, 19:57     +1   -1

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CITAZIONE (robydeumago @ 9/2/2011, 18:23) 
ma perchè continui a dire postumina ? parli di POSTUMIA no?

ma lasciamo perdere gli slavi cosa pensi dei rinnegati nostrani anti italiani?

si intendo postumia, evidentemente scrivendo di fretta do una doppia battuta sulla m e sulla n^^.

per i rinnegati...li c'è poco da fare, contenti loro contenti tutti tanto ormai le generazioni nate sotto l'impero asburgico credo siano andate quasi tutte.
le persone nate li da quelle parti fino al 1945 stanno anche esse sparendo....

tra poco resteranno solo dei chiacchieroni, che magari l'istria o la venezia giuliana non la hanno mai vista, nemmeno con il binocolo.

purtroppo io credo che con le persone si possa parlare con tranquillità fino a che si parla e si interpretano determinati dati storici.
ma poi quando si inizia a parlare, senza sentore di causa, ne basi storiche, allora smetto di ascoltare e li faccio parlare della loro aria fritta.

 
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robydeumago
view post Posted on 15/2/2011, 18:56     +1   -1




Da legnostorto.com

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“E’ per me motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino sovietico sento di valere dieci volte più del migliore italiano“. (XVI Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica, pagina 185 del resoconto stenografico dell’intervento di Palmiro TOGLIATTI).
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In relazione alle parole pronunciate da italiani contro gli slavi, fonte di irritazioni e accuse di razzismo, sarebbe facilissimo riportare un repertorio di frasi nazionaliste ed aggressivamente anti-italiane da parte dei nazionalisti slavi.
innegabile che le mire imperialistiche jugo-slave (ovvero degli “Slavi del sud”) sulla Venezia Giulia, manifestate attraverso la formulazione del confine etnico all'Isonzo e perfino al Tagliamento, risalgono al primo Ottocento. Basti qui riportare alcuni esempi in proposito.

Nel 1843, quando da Zagabria vennero diffuse in tutta l'Europa le carte etnografiche di F. Drog-Seijan, esse presentavano la Venezia Giulia, regione italiana per popolamento, cultura e storia, con una toponomastica slavizzata.
Il croato Eugen Kvaternik scrisse nel 1859, questa frase che è illuminante sulle pretese imperialistiche ed espansionistiche degli slavi:
"I porci italiani sono bramosi di possedere l'Istria litoranea. Per Dio,non avverrà almeno finché ha vita un solo croato!"
A partire dal 1866 la stampa slovena, favorita dalla politica austroungarica ostile agli Italiani, iniziò a sollecitare un confine della Slavia che andasse sino all’Isonzo e persino al Tagliamento.

Nel 1870 Vekoslav Raic, del giornale triestino Primorec, asserì che il destino di Trieste era quello di dover essere annessa al futuro stato degli “Slavi del sud”
Nel 1889 lo Sloveno Frank Podgornik teorizza l’appartenenza di Trieste alla Slovenia, sostenendo che è parte integrante del territorio rurale montuoso in cui i suoi connazionali sono la maggioranza. [Naturalmente, dimenticava di dire che gli Italiani erano la netta maggioranza nella Venezia Giulia, ed il gruppo ancora più importante sul piano economico, culturale, e sociale]
Il partito nazionalista slavo Edinost si forma nel 1890, e pone nel suo programma l’annessione dell’intera Venezia Giulia alla Slavia.

Essendo Trieste una città di ben altro livello economico e culturale rispetto a Lubiana, gli Sloveni progettano di slavizzarla e farne la loro capitale. Ad esempio, nel 1899 il croato Stjepan Radic suggerisce agli Sloveni di scegliere quale loro centro Trieste anziché Lubiana. Queste aspirazioni dei nazionalisti slavi d’invadere ed occupare una città italiana da sempre sono favorite dalla politica asburgica, tesa ad appagare gli Slavi stessi (la politica cosiddetta del “trialismo”, Austria, Ungheria, Slavìa), naturalmente a danno degli Italiani sacrificati ai primi.
Nel 1901 sulla rivista Jug, pubblicata a Vienna (che favorisce gli Slavi di fronte agli Italiani), è scritto: “…noi Sloveni da soli abbiamo un motivo valido per impegnare tutte le nostre forze per conquistare Trieste completamente…perciò concentrare tutte le nostre forze affinché Trieste venga quanto prima nelle mani dei commercianti e degli imprenditori sloveni”.

Nel 1905, al raduno degli studenti radical-nazionali sloveni, Josip Smodlaka dice: “quando parlo della nostra Trieste intendo la Trieste slovena perché soltanto su basi slovene Trieste sarà salva per la Jugoslavia ”.
Nel 1907 Henrik Tuma scrive: “…i popoli iugoslavi culturalmente, economicamente, socialmente uniti devono organizzarsi attorno alle seguenti città nel ruolo di centri economici: Trieste, Salonicco, Costantinopoli. Bisogna istruire la borghesia slovena su che importanza rivesta per essa Trieste in funzione di un grande emporio commerciale dell’Europa centrale”.
Nel 1909 Ivan Šušteršic include nell’unità nazionale iugoslava tutto il litorale Trieste compresa. E qualche anno dopo, all’inizio del 20° secolo, ne fanno un coro: “…dobbiamo mettere al primo posto del nostro programma politico-economico Trieste e concentrare tutte le nostre forze affinché Trieste venga quanto prima nelle mani dei commercianti e degli imprenditori sloveni…Soltanto su basi slovene Trieste sarà salva per la Slovenia ”.
Un altro esempio è fornito dal quotidiano sloveno "Edinost" di Trieste, che, nel gennaio 1911, scrisse:
"la nostra lotta è per il dominio...Non la abbandoneremo mai fino a quando non avremo sotto i piedi, ridotta in polvere, l'italianità di Trieste...che si trova agli sgoccioli e festeggia la sua ultima orgia prima della morte. Noi sloveni inviteremo, domani, questi votati alla morte a recitare il confiteor."
Interessante anche l'intervento del dottor Giuseppe Wilfan, tenuto il 31 maggio 1918 all'Hotel Balkan di Trieste. Su di esso così scrisse, una settimana dopo, il "Lavoratore", organo dei socialisti triestini:
"L'avvocato Wilfan è stato di una limpidità sorprendente: Trieste e tutto il litorale appartengono alla madre jugoslava, ed in ciò non conosciamo compromesso di sorta con alcuno […] Dalle foci dell’Isonzo sino all'ultima cittadella dalmata è slavo il mare che vi si estende !"

Come si può evincere da simili dichiarazioni, i progetti di sterminio degli Italiani, o di loro cacciata, da parte degli Slavi del sud si erano affermati già in pieno Ottocento, in congruenza con il programma di Francesco Giuseppe di "germanizzare" e "slavizzare" l'Alto Adige, la Venezia Giulia e la Dalmazia, "con energia e senza riguardo alcuno".

Si può riportare altresì non una dichiarazione ma una decisione governativa presa dal cosiddetto "imperatore" Francesco Giuseppe, il quale progettò e portò a compimento una pulizia etnica dell'elemento italiano in Venezia Giulia e Dalmazia ben prima di Tito, facendo ciò in stretta alleanza con i neonati nazionalismi sloveno e croato.
E' sufficiente ricordare la verbalizzazione della decisione imperiale espressa nel Consiglio dei ministri il 12 novembre 1866, tenutosi sotto le presidenza dell’Imperatore Francesco Giuseppe. Il verbale della riunione recita testualmente:

“Sua maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l’influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e che [...] si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno”
[La citazione della decisione imperiale di Francesco Giuseppe di compiere una pulizia etnica contro gli Italiani in Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia, Dalmazia, si può reperire in Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi, Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971; la citazione compare alla Sezione VI, vol. 2, seduta del 12 novembre 1866, p. 297]

Ciò che è avvenuto negli anni '43-48 ad opera del regime nazionalista e comunista di Tito è stato soltanto l'ultima tappa di un processo plurisecolare di cancellazione violenta dell'italianità d'intere regioni, già avvenuto in forma gravissima durante il dominio coloniale asburgico con l'alleanza dei nazionalisti slavi.

Julius di Lucedio
 
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Amphsicora
view post Posted on 16/2/2011, 10:41     +1   -1




CITAZIONE (FulvioDip @ 8/2/2011, 19:54) 
mah guarda non è che la loro realtà è completamente sbagliata.
fino al 1848, mediamente l'etnia italiana era tenuta in gran considerazione da Vienna, tolta l'austriaca e l'ungherese che erano le costituenti dell'impero, gli italiani erano molto apprezzati quasi al livello dei cechi.

Quasi al livello dei cechi? E naturalmente tolta l'austriaca e l'ungherese? Allora non vedo tutta questa gran considerazione.

Ad ogni modo, pur concedendo, con gli occhi immersi in quel periodo, la relatività del discorso, la linea del pensiero è quanto meno vizioso. Perché sostanzialmente gli italiani sotto gli Asburgo perdettero quella, a me pare poco preziosa, considerazione? Perché non erano abbastanza sottomessi? Perché erano diventati tanto produttivi da riconoscere le proprie potenzialità? Perché le loro aspirazioni di maggior riconoscimento vennero puntualmente frustrate? Praticamente il pensiero è vizioso perché è un loop. Quella "considerazione" venne meno man mano che cresceva in quelle terre e in quelle gente la consapevolezza del proprio valore. Il che è francamente un paradosso.

Più paradossale è il dare dignità ad una linea di pensiero che io ritengo malsano nelle radici. Ossia come se fosse un'opinione degna come tutte le altre. Alcune delle opinioni che circolano non hanno pari dignità, solo perché circolano. Quando sono sbagliate, sono sbagliate e basta. Sono giuste e dignitose solo per i discendenti diretti dei nobili italiani dell'epoca, ancorché soggetti agli Asburgo, che avevano un loro spazio giustificativo nello sfruttamento di altri italiani. Che questo abbia avuto ragione nella storia è un conto. Ma che si lasci passare come dignitoso questa linea di pensiero come se fosse un'opinione come un'altra, è tutt'altra cosa.

Difatti se uno oggi mi dicesse che si sente cittadino del mondo, ecco, questo è un pensiero che non condivido, e che ritengo sostanzialmente dannoso per il resto degli italiani, ma che riconosco essere opinione con una sua logica.

Invece il credere o portare a credere ad un paradiso dove lombardi e veneti vivevano in un Eden sottomesso e governato da austriaci tanto da anelare un ritorno al passato è malsano, di grande nocumento, distruttivo, paradossale e mendace.

Ma come siamo arrivati a questo punto? Perché figli di gente sottomessa 3/4 generazioni fa capovolgono oggi giorno quello che è stata realtà? E proprio quando invece hanno raggiunto uno stato di privilegi che i loro avi neanche potevano arrivare a sognare nei loro sogni più arditi? Ossia l'autodeterminazione di una Italia unita con uno status che pur non raggiungendo i massimi livelli si attesta comunque fra i primi al mondo? Autodeterminazione di tutti i ceti, senza distinzione di sesso, ceto sociale, credenze religiose?

L'unico senso che posso dare è questo: stante che ovviamente chi si lancia in simili astrusità ha la sua capacità di intendere e di volere, allora le ragioni possono essere o d'ignoranza storica o di convenienza economica o di entrambe le cose.

Più in generale, cosa spinge alcuni italiani a rivendicare periodi di oscurità, di oppressione, d'ignoranza, di asservimento ammantati da un velo sottile di bugie, come l'impero Austro-Ungarico o il Regno delle due Sicilie?

L'Italia porta in sé dei morbo che ci ostacolerà per un bel pezzo, che porteranno nocumento gravissimo a tutti quanti. E' la tolleranza verso le bugie conclamate.
Con questo non voglio dire che uno debba essere intollerante con la coercizione verso gli altri, ma intollerante verso la cessione della realtà in virtù di una concessione di bottega apparentemente temporanea.

Noi, a differenza di altre genti, abbiamo avuto l'unificazione politica tardi, molto tardi. E, durante questo breve processo, abbiamo pure avuto la benefica influenza delle idee illuministe. Ma queste presuppongono un certo grado di cultura. Cosa che non poteva avvenire certo in brevissimo tempo. Noi sostanzialmente abbiamo dovuto vivere in tempi brevissimi non una ma due rivoluzioni. La prima di unificazione politica. La seconda di emancipazione culturale.

Se io avessi la possibilità di viaggiare nel tempo e parlassi di democrazia, laicità, insegnamento nelle scuole per tutti, possibilità per pezzente qualsiasi (fra i pezzenti aggiungo i miei avi, prima che qualcuno pensi che io parli dall'alto di una genealogia di sangue reale) di diventare medico, avvocato, ingegnere, insegnate ad un qualsiasi contadino (esclusi quei pochi che hanno avuto carattere e intuito abbastanza forti da superare le loro ignoranze) dell'Italia dell'800, costui mi prenderebbe per pazzo.

Ma la creduta pazzia giustifica il voler rimanere ignoranti? Certo che no, avendone la possibilità è chiaro che avrebbe una iniziale difficoltà a eliminare le scorie malsane di una superstizione che lo ha ammantato per secoli, che gli ha fatto chinare la schiena verso prelati e nobili in ragione di una colossale menzogna. Ma eliminata quella accoglierebbe con immensa gioia tutte le possibilità che la vita democratica e unitaria offre, stante che quella di fondo c'era già.

E invece dopo la seconda guerra abbiamo avuto il proliferare di un pensiero dannoso che è appunto quello comunista, pari dannoso come quello clericale. Entrambi hanno in nuce un morbo. Entrambi sono per l'annientamento dell'idea stessa dell'unità intesa come condivisione di lingua e cultura. Per il primo a favore di una creazione di una unità politica sovranazionale ma, paradossalmente, delegata e asservita a Mosca. La seconda delegata e asservita al Vaticano come ultima voce per le singole politiche nazionali esclusa la nostra.

Quindi la Repubblica Italiana aveva/ha in nuce due bei picconatori. I quali possono pure avere tra le fila persone che involontariamente agiscono come tali. Se qualcuno ha provato a parlare con una persona ben preparata e aggiungo anche di grande intelligenza che sia seguace dell'uno o dell'altro credo, avrà visto come i punti essenziali del ragionamento scientifico insegnati al giorno d'oggi nelle scuole, attraversa le loro menti come brezza primaverile. Vi sono degli ostacoli evidentemente. E questo ostacolo è il catechismo, ossia l'impartire a menti deboli, non un ragionamento ma un credo. Questo è ancora più evidente in Paesi come quelli islamici, laddove le idee illuministe non sono riuscite, per ragioni storiche, ad arrivare.

Essendo la Repubblica una idea che solo gli interessati di bottega o i male intenzionati possono rinnegare, ne consegue che è di massimo valore. E proprio per questo avrebbe bisogno di massime cure. La sua massima cura possibile è la divulgazione massima della carta dei diritti e doveri. Che è ragionamento, non un credo. Sapete dirmi che fine ha fatto l'educazione civica nelle scuole? Come viene trattata? Come viene insegnata? Come si rapporta all'insegnamento del credo religioso o quello comunista?

Entrambi, i cattolici e i comunisti, credono di parlare di libertà dei popoli e invece parlano di soggezione (benché i secondi abbiano perso la centralità politica). Solo che molti non se ne rendono conto.

E perché questo è possibile? Per un semplice fatto. Anche la Repubblica ha in nuce un paradosso. Quando si parla di matematica euclidea, faccio un esempio, prima di parlare delle relazioni che possono avere o non avere luogo, devo definirne lo spazio. Quindi le relazioni che vivono nel mondo euclideo valgono se e solo se viene definito quello spazio. Se viene uno e dice: non esistono rette parallele, questo non va più bene. Non è una realtà che lo spazio di Euclide contempla, non ha ragione di esistere lì, è un'affermazione falsa.

Allo stesso modo quando come assioma diciamo che la Repubblica si fonda sulla libertà di parola e di idee di tutti, questo vale se e solo se quella idea non viola l'assioma dell'idea stessa di libertà per tutti.

Essendo a me ripugnante il pensiero coercitivo, ovverosia l'imposizione delle idee di libertà insite nell'illuminismo (che il Papa ha recentemente osato definire bieche, tanto per restare fra esempi illustri), che sarebbe paradosso, mi domando: chi oggi, fra leghisti, comunisti, clericali, revisionisti delle due Sicilie, mafiosi, camorristi ha il coraggio di battersi per quelle idee che gli permette, oggi, di vivere come neanche un pascià poteva immaginare di vivere?

Edited by Amphsicora - 16/2/2011, 15:26
 
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Pandrea
view post Posted on 16/2/2011, 15:47     +1   -1




Clap clap clap ^_^

Questo forum ormai ha raggiunto un livello oserei dire accademico
 
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view post Posted on 16/2/2011, 19:04     +1   -1

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bellissimo intervento!
 
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patriota toscano
view post Posted on 16/2/2011, 20:37     +1   -1




Dopo averlo letto mi sono alzato in piedi e ho applaudito.
 
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Pandrea
view post Posted on 11/3/2011, 11:56     +1   -1




Un messaggio e subito tono aggressivo e saccente, robe da bannaggio immediato :asd:

L'antiitalianità vi è anche oggi, non oso immaginare cosa avrebbe fatto un Durnwalder se avesse dovuto riferire a Vienna e non a Roma, ma continuamo a vivere nell'immaginazione di un impero asburico bello, bravo e buono.
 
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view post Posted on 11/3/2011, 14:49     +1   -1

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CITAZIONE (ZetaGEmini @ 11/3/2011, 09:10) 
state dicendo una marea di cavolate per non dire altro. il "tirolo del sud" di cui si parla nel post, era il trentino non l'odierna provincia di bolzano. noi non abbiamo mai chiesto di diventare italiani.

CITAZIONE (Marcus Tullius Cicero @ 13/1/2011, 23:23) 
@ Mars Pianeta Rosso.

Senz'altro il Trentino e l'Alto Adige sarebbero stati interamente germanizzati a forza, ma la presenza italiana sarebbe stata completamente cancellata anche dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia. Questo era il progetto di Francesco Giuseppe e dello stato asburgico, esplicitamente formulato e portato avanti in modo implacabile.
Basti un esempio: la Dalmazia.
Il dominio austriaco determinò a partire dalla sua imposizione nel 1815 un rapido ed irreversibile tracollo della presenza italiana. Fu un genocidio silenzioso, documentato dagli stessi censimenti austriaci. Ancora ad inizio Ottocento gli Italiani erano nella regione 1/3 degli abitanti. Sotto la duplice pressione dello stato asburgico e dei nazionalisti slavi si ridussero sempre più:

1845 - 19.7%
1865 - 12,5%
1869 - 10,8%
1880 - 5,8%
1890 - 3,1%
1900 - 2,6%
1910 - 2,7%


Se l'Austria avesse avuto tempo e modo, avrebbe germanizzato e slavizzato a forza anche il Veneto e la Lombardia ed anzi già Radetzky aveva ipotizzato misure di pulizia etnica contro le classi dirigenti di queste due regioni.

balle. in Tirolo convivevano pacificamente i tirolesi di lingua tedesca, italiana e ladina. se non fossero arrivati i mangiaspaghetti avremmo costruito il primo stato plurilingue d'europa. in prov. di bolzano la presenza italiana c'era ma era molto scarsa e anche al giorno d'oggi c'è solo il 20% di italiani.

Fa sembre bene però sentire un altra campana.
purtroppo devo sempre ricordarti una cosa quando si fanno le guerre, e si perdono, si pagano.
Stop, l'austria ungheria ha pagato, e tra l'altro poteva pagare anche di meno se avesse accettato di cedere il trentino e trieste e basta.
e poi tra l'altro, sono stati proprio gli ungheresi a voler smontare l'impero, sono stati i cechi, che essendo fedeli a vienna da secoli, quando hanno visto che gli venivano preferiti gli ungheresi e gli slavi del sud, a volersene andare.
gli stessi tedeschi dei sudeti invece di restare in austria, hanno fatto carte false nel 1919 per cercare di tornare in germania.
e tra l'altro veramente noi italiani siamo stati gli unici a prevedere che l'austria-ungheria rimanesse coesa dopo la guerra, se pur con le dovute mutilazioni territoriali.
il confine al brennero era il muro contro la nuova austria ungheria, fiume non era sta pretesa per lasciare un porto alla nuova austria ungheria.
la stessa isola di veglia non era stata chiesta per non urtate la sensibilità della nuova austria ungheria, per non fargli avere un isola italiana davanti al porto di fiume.
se vuoi incolpare il fallimento dell'impero multi lingua e multi etnico, parla prima con i cechi, gli ungheresi gli sloveni ed i croati tanto amati da vienna.
poi forse dopo di loro puoi parlare con i polacchi, rumeni ed italiani.

ed è un concetto universale, perdi la guerra, la paghi, come noi italiani abbiamo pagato il nostro prezzo in istria e venezia giulia.

il fatto che in Alto Adige, è andata molto bene a quelle popolazioni, si poteva tranquillamente avere un approccio alla Tito, cosi come sono spariti 300000 italiani in 5 anni dalla venezia giulia e istria, potevano sparire tranquillamente 350000 persone di lingua tedesca da li.

Sbagli anche sulle percentuali di lingua italiana anche a bolzano, dove si aveva una sostanziale parità di etnia, parità che si è tenuta fino ad adesso.

a Merano gli italiani erano il 30%, ed adesso sono in calo.

Poi per carità sono il primo a dire che da una linea merano-bressanone-cortina d'ampezzo poi non si trova una presenza italiana reale.

Però insomma poteva andare molto peggio, e anche sotto il fascismo, dove il rischio di pulizia etnica era reale e concreto, i tedeschi dell'Alto Adige, furno sicuramente trattati meglio degli slavi della giulia e dell'istria.


Ma sono anche il primo a dire che sicuramente gli italiani che erano nel trentino sicuramente erano trattati meglio da Vienna rispetto a quelli a Trieste e in Istria.


Però continuo a sottolinearti un fatto

1)le guerre quando le fai guerre e le perdi le paghi, se vienna avesse ceduto nel 1915 il trentino e trieste e l'istria sicuramente adesso il tirolo sarebbe ancora una regione unica di lingua tedesca.

2)il grande stato nazionale multi etnico che molti ancora dipingono in tono simil romantico...bèh è stato fatto a prezzi dalle altre due etnie di cui vienna di fidava, ungherere e sloveno-croato.
Con i cechi a traino, che erano davvero lo zoccolo duro degli Asburgo.
Italiani, Rumeni e Polacchi hanno solo dato un colpetto dall'esterno.

Quindi prima di puntare il dito sui "mangia spaghetti" io inizierei a allungare la lista degli "imputati" con almeno altre 6 popolazioni, e si scoprirà come i mangia spaghetti sono quelli che hanno fatto meno di tutti per far crollare il bellissimo e giustissimo impero asburgico.

 
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