CITAZIONE (Maradria11 @ 21/3/2015, 11:26)
Dalmazia
Ottima ricostruzione. Unico appunto, distinguerei la situazione di Zara dal resto della Dalmazia.
Zara rimase a stragrande maggioranza italiana e non credo possa in questo caso configurarsi alcun imperialismo.
Inoltre anche nelle altre città costiere, seppur minoritario, l'elemento italiano era rimasto importante (su tutte Spalato e Traù) il che permette di capire, nella confusione del momento, l'intransigenza su certe rivendicazioni.
CITAZIONE
Se l'Italia avesse rinunciato alla Dalmazia slava scambiandola con Fiume e il suo entroterra (come fu proposto inizialmente, se non fosse stato per l'intransigenza e oserei dire anche per l'imperialismo di Sonnino), non avrebbe scontentato più di tanto, sebbene solo nel lungo periodo, i croati.
Nell'ottica del tempo il problema non era percepito. L'idea di "non scontentare" un vicino debole e minuscolo, non aveva alcuna attrattiva.
La diplomazia del tempo cercava di non scontentare le altre grandi potenze, e popoli piccoli non eran proprio parte dell'ecquazione.
In tutta la trattativa la visione non era "non scontentiamo i poveri slavi" ma "cerchiamo di ottenere il più possibile, senza che GB o Francia pensino che ci stiamo rafforzando troppo rispetto a loro".
E tale politica funzionò abbastanza bene, nei limiti del possibile, in poche mosse e senza arrivare ad alcuno scontro aperto ci garantimmo sia Fiume che Zara e controllavamo l'accesso all'Adriatico tra Brindisi e Saseno. Ogni attività, mercantile o militare in tale mare cadde di fatto sotto il nostro controllo, a prescndere dai confine effettivi, che rimasero comunque incontestati per 17 anni, segno di un rapporto tra Regno d'Italia e Regno di Jugoslavia che era diventato di ragionevole collaborazione.
CITAZIONE
Magari l'Italia avrebbe potuto garantire alla Jugoslavia anche delle condizioni agevolate per l'accesso ai porti di Trieste e Fiume.
Nel periodo che stiamo discutendo il RdJ era fortemente serbocentrico, ed in realtà i serbi non avevano alcun particolare interesse a rendere Slovenia e Croazia ulteriormente più ricchi di loro, favorendone con il proprio impegno lo sviluppo industriale. Il primo porto del RdJ risultava paradossalmente essere Salonicco in Grecia. Non credo quindi che un qualunque accordo in tal senso avrebbe potuto essere un soddisfacente contraltare a qualsivoglia cessione territoriale (Buccari per esempio).
CITAZIONE
L'unica cosa che ha fatto scattare negli sloveni l'odio verso gli italiani è stata la politica di violenta snazionalizzazione perpetrata nei loro riguardi dal Fascismo.
Questo però è totalmente falso. È apre la strada ad un terribile giustificazionismo su foibe e simili. In terre di confine tra popolazioni di lingua e cultura diverse è purtroppo molto comune nella storia che si formino attriti. Alcuni dei quali vecchi come il mondo e dei quali è
impossibile trovare
un colpevole. Dire chi ha iniziato è una missione impossibile e per di più inutile, giacché conta solo chi finisce. In particolare attriti etnici tra italiani e slavi nell'area si riscontrano già dalla prima migrazione slava, diventati poi odi nazionali ai tempi degli Asburgo, che sobillarono attivamente questa rivalità.
Violenze gravissime, da ambo le parti sono riportate da prima Mussolini nascesse.
Mussolini fu poi solo figlio del suo tempo.
La sensibilità attuale verso le minoranze era al tempo sconosciuta. In nessun paese le lingue minoritarie erano tutelate in alcun modo, e anzi si cercava attivamente di sopprimerle.
Immaginare la possibilità di scuole bilingui in questo contesto (mentre nella democratica Francia i maestri
lavavano con il sapone la lingua dei bimbi che parlavano occitano, bretone, basco, catalano, fiammingo, tedesco o italiano, ed la GB per secoli ha impiantato coloni in Irlanda per estirparne la lingua) è un completo anacronismo.
Come immaginare Francisco Franco mettere un mi piace su uno stato di Mussolini.
La chiusura dei giornali in lingua slovena a Trieste e croata a Fiume risulta speculare alla chiusura dei giornali in lingua itliana in Jugoslavia.